Coronavirus e il fallimento di un sistema

 

Come se ce ne fosse stato bisogno, ecco la riprova della totale impreparazione, incapacità, superficialità ed incompetenza delle Istituzione nell’affrontare l’emergenza Coronavirus.

Come può un cittadino credere ancora nella pronta risposta e nella preparazione della Protezione Civile Nazionale quando la stessa Istituzione ha completamente ignorato i sui principi basilari che sono la previsione e la prevenzione dei rischi e non ha saputo applicare i protocolli che La stessa ha voluto per legge fin dal 1992 (Legge 225) e in molte altre leggi successive? Molto probabilmente, come ho sempre affermato io, questi protocolli non ci sono mai stati o, come dimostrato varie volte, sono talmente incompleti e vaghi da non servire a nulla e questa è la dimostrazione pratica di quanto sarebbero potuti essere utili.

Non essendoci una normativa nazionale ma ogni regione opera per conto proprio, spesso in contraddizione con un’altra, il caos viene generato di conseguenza. Tutto questo sotto lo sguardo alloccato della Protezione Civile Nazionale che non sa dare risposte.

Succede quindi, e succede solo da noi, che la Regione Lombardia chiede aiuto a Bertolaso, lo stesso ex capo della P. C. che ben conosciamo per i vari scandali che lo hanno coinvolto e i processi che ne sono derivati. Lo sono andati a prelevare in sud Africa e lui, da sborone come è sempre stato, era già contagiato e fuori gioco il terzo giorno che era rientrato. A livello nazionale invece chi ci può essere al vertice del comando nella battaglia al Coronavirus? Ovvio, il migliore che l’Italia può offrire e capo della Protezione Civile dottor Borrelli, dalle poche idee ma molto ben confuse al punto tale che persino Conte e il Governo di allora (e questo è veramente tutto dire), si accorgono della sua limitatezza e gli affiancano prontamente un commissario per l’emergenza, il dottor Arcuri. Angelo Borrelli infatti è laureato in economia e commercio, nel 2002 dirigente del Dipartimento della Protezione Civile della presidenza del consiglio, dal 2008 coordinatore dell'ufficio amministrazione e bilancio e dal 2017 diviene capo del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del consiglio. Ovvio che non ha i titoli per gestire una emergenza sanitaria a livello mondiale come quella del Coronavirus. Si pensa che allora l’asso nella manica sia il commissario Domenico Arcuri anche lui, guarda caso, laureato in economia e commercio e da sempre impegnato nella finanza, tanto da diventare Amministratore Delegato di Invitalia (Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, di proprietà del Ministero dell'Economia).  Per chi ci comanda, è sicuramente la persona più indicata per gestire l’emergenza Coronavirus.

L’Italia nota per la mafia, la corruzione, eccetera, ma anche per la sua arte e cultura oltre che per i tanti cervelli in fuga invidiati dal resto del mondo, può vantare però di essere riuscita a mantenerne ancora tanti sul proprio territorio. Sto parlando di immunologi, infettivologi, biologi e ricercatori in genere, con competenze in campo sanitario che, a mio parere, potrebbero competere con i dottori in economia e commercio incaricati di gestire l’emergenza sanitaria. E’ ovvio a questo punto che la priorità per i nostri governanti è il denaro e non certo la salute pubblica. Hanno messo due figurini, rigorosamente in divisa, a fare conferenze a cui nessuno ha mai creduto, sputando dati che non si sa da dove arrivavano, visto che non c’è alcuna possibilità di fare tamponi o altro e non si ha alcuna idea sugli asintomatici. Nemmeno sui morti sono state fatte le autopsie che avrebbero permesso di studiare meglio il problema La realtà è che la tanto sbandierata struttura della Protezione Civile non esiste, non c’è alcun “Sistema Italia”, solo una infinità di piccole associazioni che navigano al buio in ordine sparso a seconda dei propri interessi. Non ci sono i piani di emergenza come non ci sono gli strumenti per combattere le vere emergenze, vedi l’assoluta carenza dei presidi come mascherine, tute e occhiali persino negli ospedali a protezione del personale medico e infermieristico. La peggior vergogna del paese rimane però la sanità, data in pasto agli speculatori. Ogni regione adotta le proprie regole fino a spingersi alla privatizzazione più sfrenata che ha prodotto inchieste e danni che conosciamo in Lombardia, sarà però il tempo ad evidenziare maggiormente il fenomeno. In nome dell’economia si sono distrutte strutture e posti letto negli ospedali. Pensiamo ad esempio alla Germania che con poco più di ottanta milioni di abitanti ha una disponibilità di posti letto negli ospedali superiore di tre volte rispetto a noi che abbiamo solo venti milioni in meno di abitanti, tanto che ha ricoverato pazienti italiani che non trovavano posto nel nostro beneamato “Bel Paese”.

C'è voluto un generale dell'esercito (Francesco Paolo Figliuolo) che ha cancellato tutti i precedenti Decreti del Governo e delle regioni, utilizzando un unico sistema nazionale per riprendere in mano la situazione e porre fine alla vergogna. Ancora una volta questa è la conferma che il cittadino non si può permettere di aspettare un aiuto (che non potrà arrivare) dalle Istituzioni, ma deve attuare quella che io ho sempre definito la cultura dell’autoprotezione, fatta di conoscenze personali e di un minimo di dotazione per la propria sopravvivenza.

Personalmente mi stupisco che ci sia ancora gente che abbocca all’appello di “aiutare la protezione civile” tramite una donazione. Sono soldi che non si sa dove finiranno o come saranno spesi. Per esempio basti pensare che sono ancora fermi nelle banche i soldi mai distribuiti e raccolti dalle donazioni per il terremoto in Abruzzo avvenuto nel lontano 2009. La ricostruzione però è ancora ben lontana e la popolazione è tuttora in sofferenza. Usate gli stessi soldi per autotutelarvi e vedrete che alla prossima occasione e, credetemi non mancherà di certo, sarete in grado di far fronte alle vostre necessità con mascherine, guanti, cibo e tanto buonsenso che altrimenti non vi arriverà da nessuno.

 

                                                                                                                      Roberto Nosari

 

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